In questi ultimi giorni si parla di ripartenza, di fase due, di un’Italia che riprende a muoversi. C’è una gran voglia di riprendere a uscire o, meglio, un desiderio di non avere più limitazioni e impedimenti alle uscite. Un fenomeno comprensibile, ma che non è il solo. I dati di questi mesi, infatti, ci dicono che c’è anche un’altra grande voglia che caratterizza il popolo italiano: una gran voglia di cultura, di conoscenza, di sapere. Aspetti che hanno reso grande il nostro Paese, ma che forse oggi si vorrebbero vivere in maniera diversa rispetto al passato. Perché se l’ampio tempo libero che, gioco forza, abbiamo avuto a disposizione in queste settimane ha alimentato la sete di cultura, è vero anche che abbiamo risposto a questa esigenza con modalità innovative. Sono cresciute in maniera esponenziali le letture attraverso e-book, le visite virtuali a musei e parchi, le trasmissioni di approfondimento in televisione. Un cambiamento epocale, dalla cultura “reale” a quella “virtuale”.
I numeri testimoniano questo passaggio e ciò è avvenuto nonostante il settore culturale non fosse forse ancora sufficientemente pronto per esso. Avremmo potuto avere dinamiche ancora più significative? Probabilmente sì. E probabilmente le avremo nel prossimo futuro, anche grazie a questa accelerazione del processo imposta dal virus. Gli effetti dell’isolamento forzoso nel quale tutti quanti siamo finiti da alcune settimane cambieranno molto ambiti della nostra vita, compreso ovviamente il mondo della cultura. Magari non subito, magari ci vorrà un po’ di tempo. Ma credo che non si potrà mai rinunciare alla visita di una bella città, a una mostra o a un museo. E neppure a un concerto o a uno spettacolo teatrale di livello. E se non si potesse farlo dal vivo? Penso che, dopo questi mesi, saremmo spinti a farlo anche da casa, assistendo a elevate performance culturali dalla poltrona di casa.
Abbiamo apprezzato alcune delle abitudini alle quali siamo stati costretti e, probabilmente, le manterremo anche quando potremo, gradualmente, riprendere la vita di prima, ricominciando a rifrequentare cinema, teatri, musei, sale concerto. Siamo davvero sicuri, insomma, che le abitudini culturali di un tempo verranno riprese totalmente?
È questo l’interrogativo che, nei giorni scorsi, ho posto ad alcuni operatori culturali del territorio. Penso che questa sia la domanda principale a cui rispondere per far ripartire un settore importante, che deve però dotarsi prima di tutto di un nuovo modello organizzativo, diverso da quanto visto fino a oggi e strutturato in modo tale da aggregare i vari soggetti coinvolti.
I miei pensieri si sono poi consolidati a seguito dell’intervento del Ministro per i Beni e le Attività culturali Dario Franceschini, che ha ipotizzato la creazione di una piattaforma italiana per offrire a tutto il mondo, previo abbonamento o acquisto di “biglietti” specifici, la nostra cultura a pagamento. Una sorta di “Netflix della cultura”, che ci può aiutare in questa fase di emergenza a offrire con un’altra modalità importanti contenuti culturali, che ci dia la prospettiva di garantire l’offerta online anche a emergenza finita. Così potrà partecipare a uno spettacolo teatrale non solo chi riuscirà realmente recarsi a teatro, ma anche chi si collegherà, sempre pagando, dal divano di casa. Per arrivare a questo passaggio, però, serve un moderno pensiero culturale, che anche a livello locale massimizzi energie e risultati.
Oggi assistiamo a mega aggregazioni e fusioni tra grandi gruppi bancari ed energetici, tra poli industriali e colossi online. Ci sembra normale, ma non riusciamo a imitare questo schema nel mondo della cultura, rimanendo quindi privi di vere aggregazioni anche tra quei soggetti che, assieme, potrebbero garantirci una proposta di altissimo livello.
È arrivato, a mio parere, il momento di una maggiore sinergia tra gli operatori culturali, chiamati a rinnovarsi e a mettere in atto modalità di offerta e promozione in grado di competere sempre più con il web. Da ciò passerà anche la sopravvivenza di storiche realtà, che hanno garantito una fin qui innovativa offerta culturale. Ma che oggi sono chiamate a un altro decisivo passo verso il futuro.
Davide Galimberti
Sindaco di Varese