Venticinque anni di lezioni in corsia. La “Scuola in ospedale”, istituita a Varese nel 1994 su indicazione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, compie il suo primo quarto di secolo. La Città Giardino fu una delle prime realtà italiane a far partire questo progetto; questa mattina, nel reparto di Pediatria del “Filippo Del Ponte”, grande festa alla presenza delle autorità cittadine e di tutti quei soggetti che, con il loro impegno quotidiano, permettono a bambini e ragazzi di continuare il loro percorso scolastico anche durante i lunghi ricoveri.
«Diamo loro – ha affermato il sindaco di Varese Davide Galimberti – momenti di normalità e di speranza nel futuro, facilitando il mantenimento dei rapporti con compagni di classe e insegnanti. Mi ha sempre colpito il valore umano, oltre che didattico, di questa iniziativa: nessuno deve essere lasciato solo, soprattutto quando, come nel caso di questi piccoli pazienti, si trova in momenti di difficoltà. Questo progetto è un’eccellenza per Varese e oggi taglia un traguardo importante. Non vogliamo però fermarci qui e i venticinque anni che festeggiamo devono essere un trampolino di lancio verso il futuro».
«Ricordo bene – ha aggiunto l’assessore ai Servizi educativi Rossella Dimaggio – quando la prima campanella suonò nel settembre di venticinque anni fa: il progetto nacque dall’allora provveditore Giuseppe Solerte, dalla direttrice didattica della scuola “Parini” Margherita Giromini e dal direttore generale dell’ospedale Renzo Tellini; un gruppo di cui per anni ho avuto l’onore di far parte come referente per il Provveditorato. La nostra prima maestra fu Carla Vedani e, negli anni, a lei si sono aggiunti Margherita Bongiorno e Cristofaro Imperatore. A tutti loro, come alla dirigente dell’Istituto comprensivo Varese 4 Chiara Ruggeri e all’intera Azienda socio-sanitaria territoriale, va il mio personale ringraziamento per quello che fanno giorno dopo giorno. Questo posto vive grazie a una costante collaborazione tra docenti, personale ospedaliero e volontario; iniziare l’anno scolastico in una realtà così rilevante è per me motivo d’orgoglio».
Alla scuola primaria, la prima a partire a Varese, si sono poi aggiunte la secondaria di primo grado e anche una sezione delle superiori. L’esempio della Città Giardino e di altre realtà pioniere venne seguito poi da molti altri: le “Scuole in ospedale”, poche decine in tutto il Paese negli anni Novanta, sono oggi quasi 250 e permettono di frequentare le lezioni a oltre 60mila studenti.
«Quello che abbiamo davanti – le parole del professor Massimo Agosti, direttore del dipartimento della Donna e del Bambino dell’Asst dei Sette Laghi e direttore della Pediatria vareina – è un servizio davvero prezioso. La sua importanza è duplice: se da un lato, come è evidente, consente ai bambini e ai ragazzi di non interrompere il proprio percorso formativo ed educativo, dall’altro rappresenta un’arma di cura che si affianca all’assistenza sanitaria potenziandone gli effetti. È ormai assodata l’importanza, ancora più evidente in ambito pediatrico, di garantire il più possibile ai pazienti il contatto con la propria vita di relazioni e di attività precedenti il ricovero, evitando un muro tra dentro e fuori l’ospedale. Le normali attività sociali e culturali della vita, soprattutto nell’età evolutiva, aiutano infatti a mantenere vivo lo spirito intellettivo».
A collaborare quotidianamente con la “Scuola in ospedale” sono anche la “Fondazione Giacomo Ascoli” e l’associazione “Il Ponte del Sorriso”.
«Il protocollo di intesa tra scuola e ospedale – ha concluso la dottoressa Anna Iadini, referente per la Direzione medica all’ospedale Del Ponte – prevede che le attività didattiche siano estese a tutti i pazienti in età pediatrica, compresi quelli ricoverati nel Day Center Pediatrico a indirizzo oncoematologico, in Chirurgia pediatrica e in Neuropsichiatria infantile. La possibilità di continuare il percorso scolastico è del resto particolarmente importante per alcune tipologie di pazienti, con ambiti in cui, penso proprio alla Neuropsichiatria infantile, il contrasto alla dispersione scolastica, il reintegro nel contesto sociale di appartenenza e lo stimolo motivazionale sono strategici ai fini della cura stessa. A questo scopo sono davvero preziose le opportunità offerte dalla tecnologia, che consentono di portare l’intera classe in ospedale evitando la sensazione di lontananza e isolamento del paziente».