«I Comuni non sono la periferia della Repubblica, sono la base della Repubblica». Le parole del presidente Sergio Mattarella sono risuonate da Arezzo, sede dell’assemblea annuale di Anci, a tutta l’Italia. Un monito, sicuramente, per quanti pensano che la vera politica si faccia soltanto a Roma, ma anche un’esortazione per tutti quei sindaci che, nelle loro città o anche nei più piccoli e sperduti paesi, tutti i giorni hanno a che fare in prima persona con la “cosa pubblica”, traduzione letterale della res publica latina, ma che descrive in modo puntuale l’attività quotidiana dei Comuni.
Perché noi sindaci, di fatto, ci troviamo ogni giorno ad affrontare, a Varese come in tutta Italia, problemi concreti, magari piccoli nelle loro dimensioni e nelle loro necessità di bilancio, eppure mai banali. Strade, scuole, efficienza energetica, servizi sociali, assistenza ai più deboli. Tutti temi che passano ogni giorno dalle nostre scrivanie e che prendono, di volta in volta, le forme di una faccia concreta, di un cittadino che con quel determinato bisogno si confronta e per il quale ha bisogno di risposte concrete.
Siamo, per la gente, la prima interfaccia dello Stato e per questo il presidente Mattarella ha sottolineato come ciascun Comune costituisca «un tratto essenziale della nostra identità nazionale», alimentando l’ordinamento «in virtù della rappresentatività e della maggiore vicinanza con le concrete comunità di vita proprie di ciascuno di loro». Per questo, e sono sempre parole del presidente, «non può esistere un’efficace strategia che escluda i Comuni, o che li tenga ai margini, nel disegnare il futuro del nostro Paese».
Il rapporto diretto con i cittadini ci mette in una posizione al tempo difficile e privilegiata: difficile perché, come detto, siamo i primi a metterci letteralmente la faccia; privilegiata perché dalle facce di chi ci sta davanti possiamo cogliere il ritorno immediato di iniziative, di interventi, di ogni azione messa in campo. Capire se stiamo facendo bene, se e dove possiamo migliorare, se gli sforzi che facciamo vanno davvero nell’interesse della comunità. Si parte dai Comuni insomma, che hanno poi il compito, sottolineato da Mattarella, di suggerire «contributi preziosi» e «buone pratiche» agli altri livelli istituzionali.
Se però vogliamo che questo meccanismo sia davvero vincente non possiamo omettere alcune necessità diventate negli anni ancor più pressanti e che viviamo quotidianamente anche a Varese: il presidente ha parlato di «semplificazione burocratica e amministrativa» e del superamento di «procedure anacronistiche e inutilmente onerose». Nei mesi passati si è tanto parlato, e ancor oggi si parla, di autonomia. Bene, se gli enti locali devono assumere sempre più spazio è giusto anche sottolineare come i Comuni abbiano la capacità di gestire direttamente le risorse, senza la mediazione di altre realtà istituzionali – penso alle Regioni – che rallentano il raggiungimento dei risultati. Perché le risposte tempestive, efficaci e vicine ai cittadini, nella logica sussidiaria su cui si fonda buona parte dello Stato italiano, sono sempre state e sempre resteranno le migliori. È un nostro onere metterci in gioco in prima persona con i nostri concittadini, ma vorremmo essere messi nelle condizioni migliori per farlo. Solo così possiamo dare il nostro reale contributo ai Comuni e, di conseguenza, allo Stato intero.
Chiudo citando ancora il presidente Mattarella: «La vitalità dei Comuni – le sue parole – è condizione della vitalità dell’intera Repubblica, della nostra democrazia. E i Comuni possono essere, devono essere, motore di un rinnovato senso civico. La mia speranza è che essi diventino battistrada di una nuova stagione di sviluppo del nostro Paese. Lo possono fare».
Ne saremo lieti e io per primo voglio ringraziare il presidente della Repubblica per la fiducia in persone che, al di là dello schieramento, salve rare eccezioni, mettono nel loro lavoro passione, determinazione e, soprattutto, tanto amore. I sindaci rappresentano un punto di riferimento nel nostro sistema costituzionale e possono vivere un nuovo protagonismo per far uscire il Paese dalla grave crisi politica che stiamo vivendo.
Davide Galimberti
Sindaco di Varese